«Tradizione, territorio, futuro. Così raccontiamo le bollicine della Valle d’Aosta». Abbiamo parlato con Eleonora Charrère di Neblù, metodo classico della cantina Les Cretes

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La famiglia Charrère

Costantino Charrère era un professore di educazione fisica. Insegnava a sciare e, a tempo perso, si occupava dei vigneti del padre Antoine, fra i pionieri del vino di montagna.

Oggi Les Cretes, società agricola di Aymavilles, è un piccolo tesoro incastonato fra i monti della Valle d’Aosta e un’apprezzatissima cantina dove Costantino lavora a tempo pieno con le figlie Elena, Eleonora e la moglie Imelda. Le vigne (situate fra i 300 e i 950 m di altitudine) fanno da cornice alle Alpi e danno vita a etichette di grande freschezza ed eleganza per la notevole escursione termica fra giorno e notte (che esalta l’acidità delle uve) e per i terreni morenici e sabbiosi. Perfetti, manco a dirlo, per le bollicine di casa, nate da un’intuizione dello stesso Costantino, che ha voluto puntare sulla Premetta, vitigno autoctono valdostano.

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Il Rifugio del Vino

«Neblù è un rosè metodo classico voluto fortemente da mio padre» racconta Eleonora Charrère, che con la sorella Elena ha ereditato tradizioni, conoscenze e cultura del vino. «Negli anni, poi, è stata affinato l’assemblaggio con il Pinot Noir, vitigno che in Valle d’Aosta si esprime su grandi livelli e particolarmente adatto, come è noto, alla spumantizzazione».

Neblù si presenta di un rosato brillante ed è un Metodo Champenoise eccezionalmente fresco. Ci sono i frutti rossi e una spiccata mineralità, che lo rendono una sorpresa assoluta all’assaggio e un vino da grande occasione.

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Il nostro assaggio di Neblù

In un panorama spumantistico dominato da Prosecco DOC e DOCG, Asti, Franciacorta e Trento non è semplice – per i produttori valdostani d’intende – farsi largo: «Vogliamo mantenere uno stretto contatto con il territorio, tanto è vero che il 50% delle vendite avviene in Valle d’Aosta». «Abbiamo da poco messo a punto un Rifugio del Vino per le degustazioni guidate e per l’accoglienza» prosegue Eleonora Charrère. «È una costruzione dotata di ampie vetrate per mostrare agli appassionati una visione a 360 gradi delle nostre montagne. Ciò che vogliamo trasmettere, appunto, è l’aspetto territoriale: il nostro vino deve rappresentare le bellezze naturali della Valle d’Aosta». «Per esaltare i nostri prodotti non possiamo avere segreti» conclude Charrère. «Dobbiamo raccontare le nostre tradizioni, trasmettere emozioni e guardare sempre al futuro».

Francesco Vigato

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