Qualche volta, soprattutto nei periodi di stress o di particolari cambiamenti, mi capita di tornare indietro nel tempo, e di immaginarmi alle partite di calcio. Sono passati due anni, ormai, dall’ultima. Forse era un torneo pre-campionato con la prima squadra dell Solesinese, contro il Teolo. Quando sei in panchina, e aspetti di entrare in campo, sono tante le cose che ti passano per la testa. Rosichi, tanto anche, e fanculo a tutte quelle frasette di circostanza ” aspetto il mio turno per dare il mio contributo”. Quello succede solo in panca di Barcellona o Real, sfido chiunque a mettere in discussione la titolarità di Iniesta, Messi o Ronaldo.
Molto dipende dalle scelte del tecnico. Ci sono giocatori di indubbio valore, altri che devono fare i conti con la mentalità di chi li allena. Nella vita è come se fossimo sempre allenati da qualcuno. Nel lavoro, nelle amicizie e anche negli affetti. C’è chi può amare il tuo andare sempre in profondità, e non avrà alcun dubbio nel mandarti in campo. Altri, invece, preferiranno il centravanti boa, il punto di riferimento. Quindi, finirai in panchina, a rosicare. Altri vogliono la velocità, la fantasia, il fraseggio, mentre tu punti sulla forza fisica e sull’ordine. C’è a chi piace il giocatore di corsa e sacrificio, il giovane che ha voglia di crescere, e a chi il passo felpato del gattone esperto a fine carriera. Cambia l’allenatore? Sei di nuovo in discussione. Ecco, è proprio il “mettersi in discussione” il motore di tutti. Forse dovremmo farlo più spesso, ogni giorno, come se il mister fosse continuamente esonerato e ne arrivasse uno nuovo, con la sua filosofia di gioco.
L’importante è avere sempre fame e non sentirsi secondi a nessuno. Va bene lavorare sempre come se avessi qualcuno da inseguire, ma mai abbandonarsi all’idea di non poterlo raggiungere.
C’è il fischio d’inizio, andiamo in campo.
alla prossima
fv