«Evitare ai giovani tante false illusioni»

di Francesco Vigato

dal Mattino di Padova di Lunedì 9 gennaio 2012

PADOVA. Il mercato è sempre stato uno degli aspetti più intriganti e controversi del calcio. Giocatori partono, altri rinnovano, altri ancora svincolati dalle società. Dalla A alla D la parola d’ordine è trattare, ma occhio alla legge. Sì, perché l’errore è dietro l’angolo. Quante volte avremo sentito parlare di rescissione e risoluzione senza sapere che, in verità, sono due cose molto diverse. E che la normativa di professionisti e dilettanti – dove il denominatore comune è sempre un pallone che rotola – presenta non poche varianti. Abbiamo voluto fare un po’ di chiarezza con l’aiuto dell’agente Fifa, Andrea Marcenta, 36enne di Selvazzano Dentro, che ci ha raccontato tutti i segreti del mestiere di procuratore, dalle leggi vigenti al rapporto con gli assistiti.

Quali sono le differenze fondamentali tra professionisti e dilettanti? «Bisogna fare una distinzione basilare: nel professionismo c’è un contratto di lavoro, mentre nel dilettantismo si può parlare solo di rimborsi spese. In serie D, e questa è l’unica caratteristica simile alle categorie maggiori, essendo una Lega nazionale, bisogna comunicare l’accordo alla federazione». Quindi ci sono differenze anche nelle trattative. Un procuratore Fifa si occupa solo di giocatori professionisti, ma è giusto monitorare la Serie D in qualità di “mediatore”. E’ una vetrina importante per i giovani, soprattutto per chi deve maturare ancora un po’ e vuole rilanciarsi ».

Un esempio?

«Il ragazzino che milita nel settore giovanile della squadra professionistica. A 14 anni firma un tesseramento come «giovane di serie» della durata di 4 anni più uno suppletivo. Se la società di riferimento decide di puntare su di lui a 19 anni gli offrirà un pre-contratto o un contratto, sennò lo cederà in prestito a una squadra dilettantistica prima di svincolarlo l’anno successivo».

E perché un giocatore si affida al procuratore?

«C’è il giovane che vuole costruirsi un cammino nei professionisti oppure chi ha soltanto bisogno di aiuto e consigli. L’obiettivo è organizzare e programmare la carriera del tuo assistito, senza fare false promesse e cercando di mantenere buoni rapporti con le società, parti fondamentali della trattativa».

Ma non erano agenti e giocatori a dettare le condizioni?

«Era così dieci anni fa. Adesso sono le società calcistiche a determinare la base su cui lavorare, naturalmente in A e in B esistono certe disponibilità, in C e D si ragiona su altre cifre».

E’ vero che alcuni giocatori preferiscono la D alla Lega Pro, soprattutto per le garanzie economiche?

«Sono scelte. Il giocatore che firma un contratto di lavoro in Lega Pro matura contributi per la pensione, mentre in D, essendoci un normale rimborso spese, non succede. Ma se in una D c’è una buona offerta, ben venga. Poi dipende da persona a persona. C’è chi vuole giocare vicino casa perché ha famiglia o chi magari è single e non ha esigenze particolari».

Lei cosa consiglia ai suoi giocatori?

«Al ragazzo di 18 anni dico di misurarsi nel professionismo per fare esperienza e curriculum. Ma non è una regola. Simone Corazza (21 anni),mio assistito, era una promessa nella Beretti del Portogruaro, ma non ancora pronto per la prima squadra. E’ andato prima in D al Venezia e in C2 alla Valenzana facendo benissimo, poi è tornato a Portogruaro e ora lo seguono pure società di A e B».

Quali sono i campioni che cita più spesso ai suoi assistiti?

«Ibrahimovic e Del Piero.Sono due casi di grandi campioni che nella loro lunga carriera hanno avuto anche dei momenti non proprio felici. Zlatan, per spiegare che anche se sei ai vertici può succedere di non giocare, come è successo nel passaggio dall’Inter al Barcellona. Del Piero, perché da campione del mondo è sceso in serie B senza sottovalutare la categoria, allenandosi da top player e diventandone capocannoniere».

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