Colli Euganei, un grande potenziale ma serve un cambio di mentalità

Qualche giorno fa ho visto una serie di stories su Instagram pubblicate da un noto blogger di vini, ospite sui Colli Euganei per un tour enologico.

Sia chiaro: non è mia intenzione criticarne i contenuti. Francesco Saverio è bravo e sa quello che fa.  
Così come non è mia intenzione criticare le aziende che hanno condotto le varie degustazioni.
Tuttavia, c’è un aspetto che mi ha un po’ lasciato interdetto e per esprimerlo parto da un inciso: non ci ho capito nulla.

40 stories e 40 etichette diverse per un territorio, quello dei Colli Euganei (CHE AMO, che fa parte della mia vita e di cui avrei voluto parlare molto di più), che non ha ancora preso una CHIARA DIREZIONE enoica.

Su quali vitigni si punta? Glera? Merlot? Cabernet? Incrocio Manzoni? Moscato? Chardonnay? Pinot Grigio? Raboso? Pinot Nero? Garganega? Carmenere? 

C’è un prodotto identificativo, riconoscibile e che può portare ad un confronto fra aziende? 

Ecco, chi mi conosce sa che questo è e rimane il mio più grande cruccio. I Colli Euganei sono una terra meravigliosa, potenzialmente la terra dei grandi, anzi grandissimi, TAGLI BORDOLESI.

Poi vabbè, c’è il Serprino, e la bolla ci vuole sempre. 
(Ovunque si producono frizzanti e spumanti, anche in territori che con la tradizione dei rifermentati non c’entrano una mazza).

Continuo a sperare dalle mie parti si decida di imboccare finalmente la strada maestra in grado di portare i nostri vini al livello che meritano. 

Viva il buon vino, viva i Colli Euganei

VIGNETI SUI COLLI EUGANEI
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