
«Ci sono due Champagne: quella delle Grandi Maison e quella dei piccoli produttori. Mondi paralleli, molto diversi fra loro». Parola di Dominque Lelarge, uno di quei vignerons che nella Champagne dei Proprietaire-Recoltant si sporca le mani per davvero e cerca sempre di trovare nuovi metodi per rispettare la terra, le uve e, di conseguenza, il consumatore finale.
A Vrigny, piccolo paesino alle porte di Reims, riscaldato da un sole

di fine luglio (momento della nostra visita, ndr) che inverdisce ulteriormente i vigneti, sorge la Champagne Lelarge-Pugeot. Un sodalizio, se così si può chiamare, nato dall’impegno e dalla passione di Dominique Lelarge (proveniente da una famiglia di viticoltori di lunghissima tradizione) e Dominque Pugeot.
La coppia va orgogliosa della propria terra, dove l’agricoltura biologica (con uno sguardo alla biodinamica) rappresenta non solo ambizione, ma anche filosofia ed etica. D’altra parte, questa piccola azienda vanta parcelle del 1942 e del 1947, votate al Pinot Meunier (ma, per ovvi motivi champagneristici, anche a Pinot Noir e Chardonnay), piccoli gioielli da coccolare e seguire giorno dopo giorno.

Dominique Pugeot racconta tutto il lavoro in vigna («Qui i vigneti sono molto più bassi rispetto alle altre regioni vinicole perché devono prendere il calore dalla terra», la nostra curiosità) che si svolge con l’aiuto di alcuni addetti e con la “partecipazione straordinaria” di due cavalli che, trasportando un aratro, esaltano la cura naturale della vigna e confermano l’avversione nei confronti dei prodotti chimici, sostituiti da infusi di erbe e spezie.
La cave di Lelarge-Pugeot, sorvegliata da Dixie, cane magnifico e ubbidiente, vanta anche una elegantissima parte appena restaurata. Diminique Pugeot, ovviamente, ne conosce ogni centimetro, conducendoci attraverso macchinari, legni e bottiglie a riposo. Anche qui viene utilizzato il GiroPallet, automatismo che sta soppiantando le pupitres per il remuage. Il motivo è molto semplice: «In quattro giorni», dice Pugeot, «riproducendo perfettamente la (pur poetica, ndr) rotazione delle bottiglie, si riesce a svolgere il lavoro di tre settimane. Ormai questo sistema, decisamente più efficiente, sta diventando la normalità».

Ed eccoci infine alla degustazione, guidata da entrambi i coniugi, generosi nel dispensare curiosità e aneddoti sulla viticoltura e la Champagne.
Brut Blanc de Blancs (100% Chardonnay): Emerge la grande acidità, l’agrume checonferisce freschezza a questo vino, che comunque non perde di eleganza e lascia una bocca buona. Si abbina perfettamente con le classiche ostriche, o anche gamberi crudi e trionfo di sashimi.
Extra Brut Les Meuniers de Clemence (100% Pinot Meunier): Bollicine finissime,

“gustose”, con la frutta fresca che lascia poi spazio ad un ritorno di agrumi. Una curiosità: questo Extra Brut è dedicato alla figlia Clemence, che ne ha firmato l’etichetta. Lo abbinerei con una frittura di calamari.
Brut Tradition (55% Pinot Meunier, 25 % Pinot Noir, 15 % Chardonnay): Il Pinot Meunier si sente eccome, soprattutto al naso. È goloso, equilibrato e beverino. Aperitivo con tapas.
Francesco Vigato
Si ringraziano Dominique Pugeot per la gentilezza e l’ospitalità e Chiara Giarracca (qui la sua pagina) per le traduzioni dal francese.