Le bollicine friulane, si sa, sono toste, minerali, forse lontane dalle acidità montane. Sono dinamiche e potenti, complesse ma allo stesso tempo dotate di una schiettezza esemplare.

Abbiamo ritrovato queste caratteristiche nei Metodo Classico di Vigneti Pittaro, azienda di Codroipo situata nel cuore della provincia di Udine. Abbiamo assaggiato gli spumanti Metodo Classico Talento Blu Etichetta Argento (80% Chardonnay, 20% Pinot Bianco e 30 mesi sui lieviti) e Talento Etichetta Oro (80% Chardonnay, 20% Pinot Bianco e 60 mesi sui lieviti) – oltre alla Ribolla Gialla della linea “Ronco Vieri” (18 mesi sui lieviti) – che si sono fatti apprezzare per la grande pulizia gusto-olfattiva.
Abbiamo poi fatto una chiacchierata con l’enologo aziendale Stefano Trinco, che ha raccontato i segreti di questi champenoise “nostrani”.
Ecco l’intervista…

Da dove nasce l’interesse dell’azienda Vigneti Pittaro nei confronti del Metodo Classico?
«Il nostro spumante Metodo Classico nasce nel 1982 grazie a Piero Pittaro che, in qualità di enologo ma anche titolare, ha cercato di mettere in bottiglia la sua smodata passione per l’affascinante mondo delle bollicine.
Una scelta che, vista ora, può risultare lungimirante, ma che in realtà rappresentava una sfida che ogni enologo in cuor suo vorrebbe fare: produrre nel proprio territorio uno spumante di alta qualità utilizzando il metodo più nobile.
Se facciamo un salto indietro nel tempo (al 1982) si provi ad immaginare un produttore che inizia ad investire in un settore, quello della spumantistica, per il 90% in Italia costituito da Moscato piemontese e qualche sua imitazione.
Pochi ancora producevano uno spumante Metodo Classico e questi pochi erano localizzati in Trentino e Oltrepò Pavese. La Franciacorta, ancora, era poca cosa.
Pittaro decise da subito di puntare oltre ai classici vini fermi anche a una bollicina. Ma doveva essere bollicina di qualità. Ovvia la scelta di optare per il Metodo Classico in quanto frequentava spesso la Francia, terra a lui conosciuta in quanto i viaggi di aggiornamento lo portavano spesso Oltralpe»
Quali caratteristiche del terroir friulano volete esaltare con i vostri spumanti?
«Siamo ben consci che dobbiamo proporre sul mercato uno spumante sì Metodo Classico ma che rappresenti anche il Friuli.
Ecco quindi la scelta di non avere acidità elevatissime ma di raccogliere uve a giusta maturazione e che possano, una volta trasformate in vino base, donare una personalità territoriale alle future bollicine»
Che tipo di bollicine pensate di avere ottenuto? Ci sono accorgimenti particolari che adottate in vigna o in cantina per esaltare l’aspetto qualitativo o particolari sentori?
«Abbiamo sempre puntato sui vitigni da Metodo Classico tradizionali: Chardonnay, Pinot bianco e Pinot nero. Li riteniamo i più adatti alla spumantizzazione in bottiglia grazie alle doti di finezza, qualità e tipicità che da essi si possono ricavare. Da poco ci siamo affacciati al mercato con una Ribolla gialla che rappresenta l’approccio autoctono al Metodo Classico. I risultati sono buoni ma, onestamente, non all’altezza dei nostri prodotti tradizionali. La tecnica c’è, l’applicazione pure ma forse le potenzialità dei vitigni sono semplicemente spostati a favore dei vitigni di origine francese»

In un mercato come quello della spumantistica italiana in cui ci sono denominazioni che detengono gran parte della “fetta”, in che modo ci si fa conoscere e apprezzare?
«Abbiamo iniziato il nostro percorso nel mondo degli spumanti in anni in cui lo spumante italiano era rappresentato dal Moscato d’Asti. Abbiamo vissuto la crescita dei vini bianchi fermi degli anni Novanta e siamo sopravvissuti al boom dei rossi di inizio 2000. Ora stiamo convivendo con lo tsunami Prosecco che sembra togliere energie alle altre bollicine per l’approccio semplicistico (spumante=prosecco) con cui i consumatori valutano questi prodotti. In tutti questi anni il filo conduttore che abbiamo adottato per valorizzarli è stata la nostra firma: il marchio Pittaro. Ovviamente per firma intendiamo l’etichetta ma anche tutto ciò che ci sta dietro e, se preferiamo, dentro la bottiglia: la serietà della nostra azienda, la ricerca del miglioramento qualitativo, gli studi e gli aggiornamenti sulle metodologie di produzione, la caparbietà con cui abbiamo insistito nel proporre un sistema di produzione che andava controcorrente rispetto al più facile Charmat, il miglioramento dell’immagine e la perseveranza nel voler raggiungere l’obbiettivo. C’è da dire che abbiamo creduto e continuiamo a credere anche nel progetto Talento che avrebbe dovuto identificare il Metodo Classico italiano, continuiamo ad inserirlo nell’etichetta nella speranza che possa affermarsi nel mondo della spumantistica italiana»
Francesco Vigato