Il Franciacorta è questione di stile. Un po’ come nella Champagne, dove ogni Maison, con gli stessi vitigni, riesce a dare una specifica impronta, a mettere la firma sulle etichette più famose del mondo.

Insomma, Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Nero nella zona spumantistica bresciana, Chardonnay, Pinot Meunier e Pinot Nero nella terra natia del Metodo Classico rappresentano dunque la materia prima che, grazie al lavoro di vignaioli ed enologi, finisce nel calice con una tocco ben definito, talvolta inconfondibile.
Si può riassumere così l’interessante parallelismo tracciato da Leo Damiani, direttore dell’area sviluppo prodotti di Marchesi Antinori e direttore commerciale & marketing di Champagne Perrier-Jouët Italia. «Quando si parla di Champagne non si può dire “questa Maison produce meglio dell’altra”, perché tutte riescono a raggiungere una qualità medio-alta o altissima», spiega Damiani. «I vitigni previsti dal discipinare, in Franciacorta come in Francia, sono tre, quindi ogni produttore cerca di dare la propria impronta con il lavoro in cantina, dalla scelta del passaggio in legno agli assemblaggi, passando per l’affinamento sui lieviti e la composizione della liqueur». Poi aggiunge: «È un po’ come dire che uno stilista di alta moda lavora “meglio” di un altro. Penso sia impossibile stabilirlo».

Parole, quelle di Damiani, che valgono soprattutto per i Metodo Classico sans année: «Le aziende, avendo la possibilità di tenere i vini di riserva, possono produrre ogni anno un vino molto simile se non uguale ad ogni sboccatura», precisa. «Con il millesimato, invece, si “beve” l’annata con tutti i suoi pregi e difetti».
Il direttore dell’area spumanti di Marchesi Antinori, proprio partendo dalla sua esperienza nel mondo dello Champagne, ha voluto firmare le etichette franciacortine della Tenuta Montenisa di Calino (BS). Proprio come il Blanc de Blancs, una cuvee di Chardonnay e Pinot Bianco che va controcorrente: «Solitamente il Blanc de Blancs, in Franciacorta, si esprime nella tipologia Satèn, che da disciplinare deve avere una pressione in bottiglia inferiore o uguale alle 4.5 atmosfere, con una bollicina di conseguenza più morbida, proprio come quella del nostro millesimato Donna Cora». «Con il Blanc de Blancs abbiamo voluto ottenere un Franciacorta vivace, ma comunque elegante e strutturato, adatto all’aperitivo ma anche a primi piatti a base di pesce, anche più grassi». «D’altra parte chi sceglie i nostri spumanti sa che berrà del vino “con un po’ di ciccina addosso”, e lo stesso vale per il Blanc de Blancs che, per caratteristiche, tende ad essere più verticale».
«Non dobbiamo dimenticarci», chiude Leo Damiani con un piccolo monito, «che il vino è prima di tutto divertimento e svago. Quando parliamo di queste cose dobbiamo prenderci tutti un po’ meno sul serio e pensare a goderci un buon calice in compagnia».

L’assaggio. Con il suo paglierino scarico e il perlage fine e persistente, il Franciacorta Docg Blanc de Blancs (85% Chardonnay, 15% Pinot Bianco) si fa apprezzare per il suo naso delicato, che invita ad un sorso fresco e vivace, di buona struttura. Il finale è molto equilibrato. Perfetto con pane abbrustolito, burro di malga, salmone affumicato e pepe rosso. Il Franciacorta Satèn “Donna Cora” (75% Chardonnay, 25% Pinot Nero), invece, ha una bollicina delicata che si sposa con i sentori di crosta di pane, vaniglia e frutta matura. Entrambi spiccano per la bella pienezza del sorso.
Francesco Vigato