VISITE e INCONTRI/ Ecco Marco Tonini, produttore di Trentodoc a Isera (TN)

Il mondo del vino è così: si conoscono produttori, si assaggiano etichette celebri, di nicchia o addirittura sconosciute. Si studia, si capisce, si arricchisce il proprio bagaglio culturale. E non potrebbe essere altrimenti, visto che in una bottiglia non c’è soltanto il risultato di una fermentazione alcolica ma anni di lavoro, di studio e di passione.

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Marco Tonini con il figlio Filippo

La passione, appunto, è quel fuoco che ti spinge ad osare. Proprio come ha fatto Marco Tonini, che dopo una vita alla Cantina Sociale di Isera, nel 2011 ha deciso di firmare la propria linea di spumanti Metodo Classico. La collaborazione con la realtà della Vallagarina prosegue ancora, ma il simpatico vignaiolo di Folaso (frazione di Isera) ora coltiva i suoi cinque ettari rigorosamente votati al biologico con l’obbiettivo di dare al Trentodoc (e non solo, visto che produce pure Marzemino, tipico della zona) un’impronta diretta, sincera e… digitale, come quella che campeggia in etichetta. Salendo in collina, dai 200 ai 750 metri che regalano una vista meravigliosa sulla città di Rovereto, Marco Tonini alleva Chardonnay, Pinot Nero, Pinot Bianco e Marzemino. Lo stesso Marzemino, coltivato in località “Penin”, fra l’altro, gli ha permesso di assicurarsi il primo premio al concorso “La Vigna Eccellente”, giunto alla sedicesima edizione. Un bel riconoscimento per Tonini, anche perché, come è noto, il vino non è appannaggio esclusivo degli enologi ma il risultato del rapporto fra il terroir e chi lo vive.

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Vigneti a Isera

«Per fare il giro dei vigneti ci metto circa sei o sette ore», racconta il buon Marco (socio della Casa del Vino della Vallagarina), un vulcano di idee e suggestioni mentre ci accompagna con il suo furgoncino lungo strade, stradine e boschi che aprono allo spettacolo delle vigne, tra filari, guyot e pergole. «Di sicuro l’agricoltura biologica, che fino a 15 anni fa era considerata una pazzia, comporta lavoro e attenzioni particolari, ma dà anche enormi soddisfazioni». Le parole chiave sono dunque “passione”, come detto, e “soddisfazione”.

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La degustazione

Negli occhi di Tonini e in quella cadenza marcata  emerge tutto l’orgoglio e il piacere di cogliere l’interesse degli ospiti nei confronti della sua scommessa. Manco a dirlo, la visita ai vigneti è semplicemente illuminante: Marco descrive pregi e difetti della «vituperata, almeno negli ultimi anni, pergola trentina», i benefici dell’ora del Garda, di quel vento che quando soffia «ti butta per terra», dell’ottima esposizione ad est, della natura che fra poco si risveglierà per garantire «uno spettacolo di colori».

Insomma, nei suoi aneddoti ci sono la natura, le coccinelle dell’ultimo febbraio, gli animali selvatici. Si nota, dunque, un attaccamento alla terra che si ritrova pure a tavola, nel momento della sboccatura (rigorosamente con metodo “casalingo” in un mastello colmo d’acqua) di questa o quell’etichetta o anche solo del Trentodoc stappato per la degustazione. Nella saletta dedicata agli assaggi, al civico 8 di via Rosmini, sono già pronti i calici ideati da Luca Bini della Casa del Vino (dotato degli ormai noti “punti perlage”) e la grande ospitalità viene esaltata dalla moglie Paola, che ci porta salame di casa (nell’impasto c’è pure un calice di Trentodoc con uno spicchio di aglio) e una tavoletta di ardesia con formaggo di malga. «Produco soltanto vini non dosati», spiega Tonini. «In commercio, attualmente, c’è il Brut Nature – vendemmia 2014, 30 mesi sui lieviti – ma prossimamente ci sarà anche una Riserva con 60 mesi di affinamento (la presentazione è in programma fra un mese, ndr)». Riserva (Blanc de Blancs, 2012, 70 % Chardonnay, 30% Pinot Bianco) che abbiamo avuto la possibilità di assaggiare in anteprima e che è risultata particolarmente intrigante, con il suo naso complesso e il sorso ficcante e diretto con un’acidità pulitissima e golosa. La pietra focaia e gli agrumi al naso, la mineralità decisa e un ritorno di frutta matura in bocca contraddistinguono invece il Brut Nature  (2014), sboccato da pochissimi giorni.

Ma la nostra avventura enoica non si conclude qui. Tonini tira fuori dalla personalissima riserva una magnum di Pinot Bianco, 70 mesi sui lieviti, che preferisce catalogare come esperimento ma che lascia intravvedere potenzialità enormi: a detta di Marco e del figlio Filippo (giovane e preparatissimo), il vigneto raggiungerà la maturità necessaria nel 2020, al compimento dei 10 anni di età. In cantiere c’è pure un Blanc de Noir, 100% Pinot Nero, arcigno e strutturato sia al naso che in bocca, mentre necessita di affinamento il Rosé 2013 (che non andrà in commercio), ancora un po’ selvatico, rustico e difficilmente godibile. Sorpresa della giornata è il Pinot Meunier in purezza del 1995, prodotto esclusivo da un caro amico di Tonini, vitigno valorizzato nella Champagne ma che anche in Trentino potrebbe dare risultati superlativi. (Sia mai che venga l’idea di “importarlo”). Insomma, dalla vigna al calice, Tonini ha dimostrato di essere non solo un viticoltore emergente, ma anche un visionario e un fine sperimentatore.

Francesco Vigato

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