Amici divulgatori enoici, siamo il mezzo, non il risultato!

Questa sera volevo condividere con voi una riflessione. Il mondo del vino, si sa, ha iniziato a suscitare grande interesse anche grazie al web e ai social network. Fino a 10 anni fa era difficile leggere una recensione che non fosse pubblicata da una decina di siti specializzati. Così come era difficile conoscere produttori più piccoli, “sconti”, che non avevano la “forza” per farsi conoscere ai più attraverso i cosiddetti “redazionali”. Sono arrivati – per fortuna! – i blogger, alcuni sommelier, altri enologi, altri ancora – come me – con tanta passione e qualche ettolitro nel curriculum. Poi sono arrivati Facebook e Instagram, per alcuni una sorta di megafono per “spingere” il proprio sito, per altri una vera e propria vetrina. Da qui anche la nascita degli influencer. E così sono nate le “collaborazioni”. E c’è chi, scottato da qualche “collaborazione” andata male, ha iniziato a prendersela con qualche azienda o qualche denominazione. È così che si diventa trentodocchisti, prosecchisti, barolisti, altalanghisti, supertuscanisti o franciacortisti? Sì, forse sì.Ma, cari colleghi appassionati di vino, che scrivono, raccontano e degustano, perché indossare una casacca? Perché bere il vino con pregiudizi? Come diciamo dalle nostre parti, moèmoghea!Il vino è e resterà sempre un qualcosa che appartiene a tutti noi: c’è il vino da tavola e la grande etichetta, c’è il vino hardcore e il vino piacione. Togliamoci dalle scatole la maglietta delle denominazioni e iniziamo a comprarci le bottiglie. Iniziamo a chiedere ai produttori “posso acquistarla?” anziché “mi mandi il campione”. Poi saranno loro a decidere. Non abbiamo bisogno di denigrare nessuno. Abbiamo bisogno di FAR CONOSCERE PRODOTTI. Noi siamo il mezzo, non il risultato. Poi, per carità, se uno decide di fare della propria immagine un lavoro ben venga, ma questa non deve essere mai fatta a discapito di qualcuno. Il vino è di tutti ed è per tutti che noi dobbiamo degustare (tanto) e cercare di aiutare chi, al supermercato o in enoteca si mette le mani sui capelli, a scegliere, a capire, a decidere. Buona serata! Cin Cin!

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Un commento

  1. Il mercato enologico è quasi tutto rivolto agli uomini, come se fossero gli unici a bere vino. Mi è capitato di vedere stand in fuera organizzati e “conditi” solo di prrsenze femminili per avvicinare una clientela solo maschile. Questo lo trovo davvero retrogrado e riduttivo. Infatti credo che facendo cosí si perde una grodsa fetta di persone che invece aspettano solo di esser “considerate”. Poi un altro appunto che vorrei fare, per aiutarti dando dei consigli da donna amante dei vini fruttati, è che mi son trovata in Francia, in Costa Azzurra, dove ho potuto gustare vini dolci e fruttati che non esistono in Italia. Credo che anche questo possa esser un campo da ampliare di più. Il mio vino preferito per esempio è lo Zibibbo. Spero che fatai tesoro delle mie esperienze e spero che il mondo dei vini si in futuro si rivolga di più alla clienta femminile. 😆

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