È difficile, per un appassionato di bollicine, un winelover generalista o un addetto ai lavori, non conoscere Ruggeri. Da più di sessant’anni, infatti, l’azienda di Valdobbiadene è un punto di riferimento per i consumatori di Prosecco e per i tanti viticoltori del luogo (ben 110) che, ad ogni vendemmia, decidono di conferire le proprie uve al sodalizio fondato nel 1950 da Giustino Bisol, ora condotto da Paolo Bisol con i figli Giustino e Isabella.

La famiglia Bisol è particolarmente presente nel territorio del Cartizze (dal nome della collina posta a est del centro di Valdobbiadene). Centosei ettari di pura eccellenza ai quali Paolo, Giustino e Isabella Bisol sono legatissimi, tanto da riuscire a pigiare il 12% delle uve dell’intera zona – che comprende le località di San Pietro di Barbozza, Santo Stefano e Saccol – grazie all’apporto di 25 conferitori e ai due vigneti di proprietà.

Il Prosecco Superiore di Cartizze non può che essere fra i vini di punta di casa Ruggeri: lo si può trovare, infatti, nella tradizionale versione Dry (residuo zuccherino di 28 g/l) e, da quest’anno, pure nella tipologia Brut. Ma Ruggeri, com’è ovvio, non è soltanto Cartizze. Di questo – e molto altro – abbiamo parlato con Isabella Bisol, una giovane donna d’azienda preparata e semplicemente illuminante quando ci si trova a snocciolare numeri, virtù e dettagli del “mondo Prosecco”. Ecco l’intervista.

Isabella Bisol, Ruggeri è fra i più grandi produttori di Prosecco di Valdobbiadene. Nonostante i numeri – si parla di circa un milione di bottiglie all’anno – la qualità dei prodotti è indubbia e riconosciuta da tutti…
«Circa trent’anni fa mio padre ha voluto consolidare ciò che era stato iniziato dal nonno Giustino, ma con un’ambizione di tipo qualitativo. E per fare ciò ha voluto creare uno stretto legame con il territorio, aspetto che, per la nostra famiglia, rappresenta una priorità. Basti pensare al rapporto con i viticoltori, basato sul conferimento sull’onore: ogni anno, a mio padre, basta una stretta di mano per rinnovare l’accordo. I nostri conferitori sanno che, comunque vada, noi compreremo sempre le loro uve, tant’è vero che abbiamo chi collabora con noi da 65 anni! Poi c’è la cantina, costruita interamente pensando alla vendemmia: pigiamo l’uva e, grazie al nostro team di enologi fidati, facciamo il vino. La qualità, per noi, è anche avere la produzione sotto controllo, lavorando secondo standard precisi».
Nella vostra linea di spumanti, oltre ai Valdobbiadene più tradizionali e al superiore di Cartizze nelle tipologie Dry e Brut, ci sono due prodotti ai quali tenete in particolar modo, “Giustino B.” e “Vecchie Viti”. Ce li può descrivere?
«La tipologia Dry è l’espressione più tradizionale del Cartizze e quella che, grazie al residuo zuccherino, permette di esaltarne i profumi. Le tendenze del mercato si sono spostate verso spumanti più secchi, motivo per cui abbiamo pensato di realizzare il Brut, prodotto di cui siamo molto soddisfatti ma che rappresenta l’alternativa al Dry e non il sostituto. Proprio per questo motivo abbiamo proposto le due bollicine con etichette di colorazione diversa. Il “Giustino B.”, invece, è il prodotto più rappresentativo della cantina, che ha ricevuto importanti riconoscimenti. Ultimo, ma non meno importante, è il Vecchie Viti: abbiamo voluto valorizzare le più belle e longeve viti Prosecche, Perere, Verdise e Bianchette, sparse in tutto il territorio di Valdobbiadene, per realizzare una vera e propria cuvée. Le vecchie viti hanno radici che arrivano in profondità e riescono così ad assorbire una maggiore quantità di sostanze nutritive, tanto da conferire al prodotto finale una mineralità straordinaria, direi unica. È un’etichetta davvero interessante che nasce dalla nostra curiosità verso la nostra terra e le nostre uve».
Il Prosecco, Doc e Docg che sia, sta conoscendo un grande successo in tutto il mondo. Tuttavia, c’è il rischio di una massificazione a discapito della qualità e della caratterizzazione territoriale…
«Per comunicare nel migliore dei modi il Prosecco dobbiamo lavorare tutti insieme con i consorzi di tutela del Prosecco Doc, Conegliano Valdobbiadene Docg e Asolo Docg in modo da riuscire a spiegare le differenze pure al consumatore medio che, magari, non è portato a prestare attenzione a fascette e diciture. Ecco perché, quando andiamo all’estero a far conoscere i nostri vini, facciamo delle sedute di staff training, facendo assaggiare le etichette ai ristoratori e baristi, spiegandone storia, caratteristiche e differenze. Saranno loro, poi, a far capire al cliente cosa sta degustando, offrendo preziosi consigli».
Quali sono i Paesi più interessati al Valdobbiadene Docg?
«Su tutti direi Stati Uniti e Regno Unito, dove il Prosecco è veramente di tendenza. In Asia, invece, c’è un mercato vivace e un grande interesse nei confronti delle bollicine italiane, che però può ancora crescere. Discorso diverso per il Giappone, che apprezza moltissimo il Valdobbiadene Docg»
✅ L’assaggio. Con il suo giallo paglierino con riflessi verdognoli, il Cartizze Brut di Ruggeri si fa subito sentire per la delicatezza del naso di frutta fresca, la nota sensuale e un sorso cremoso e rotondo in cui si ritrova tutta l’eleganza del “cru” di Valdobbiadene. Il finale è ampio, piacevole e intrigante. Pur essendo, chi scrive, un “purista” del Dry, che resta comunque la personale tipologia di riferimento per il Cartizze, è innegabile che il Brut di casa Ruggeri abbia tutte le carte in regola per affermarsi con successo all’ora dell’aperitivo, con una bollicina precisa e delicata.
Francesco Vigato