Siamo a Erbusco, comune di appena 9 mila abitanti che, enoicamente parlando, è quasi un sinonimo di Franciacorta Docg. Qui sorge una cantina che già nel nome esprime l’identità del territorio – Derbusco Cives – latinismo che va a focalizzare l’attenzione sui “cittadini di Derbusco” e dal 2004 fra le realtà più conosciute della denominazione per la vocazione qualitativa, fondata da un gruppo di franciacortini “duri e puri” come Luigi Dotti e Giuseppe Vezzoli.

Specialità di casa Derbusco è il Pinot Nero, un vitigno che dà del suo meglio fra le montagne trentine e le latitudini borgognone ma che, se trattato coi guanti di velluto, può dare risultati soddisfacenti anche in una Franciacorta che, bisogna dirlo, in questi ultimi anni ha ingaggiato un appassionante testa a testa con il Trento Doc, prendendo pure qualche schiaffone in termini di bevibilità e freschezza dei prodotti.
Derbusco, 12,5 ettari su colline moreniche, ha scelto la strada della selezione per ottenere prodotti più complessi e longevi, dalla fedeltà al mosto fiore fino ad arrivare ai lunghissimi affinamenti sui lieviti (minimo 30 mesi e la messa al bando (ma, sia chiaro, utilizzarlo non è un reato) dello zucchero di canna.
Ritroviamo questa filosofia nelle due etichette assaggiate, il Franciacorta Docg Brut Rosé e il Blanc de Noir Crisalis.

Il Franciacorta Docg Brut Rosè 2014, 100% Pinot Nero, evolve per 44 mesi sui lieviti prima della sboccatura. Al naso frutti rossi (fragolina e mirtilli), in bocca ancora frutti rossi e un agrume (arancia rossa) bello spinto. Un prodotto che oserei definire “pop”, piacevole, beverino, gustoso. Bollicina fine, very good.
Decisamente senza compromessi è invece il Franciacorta Docg Blanc De Noir 2013 “Crisalis”, anche qui Pinot Nero (vinificato in bianco) e 50 mesi sui lieviti. L’eleganza, qui, la fa da padrona: fiori bianchi, erbe, spezie. In bocca ancora spezie e una bella tostatura (data dall’affinamento di parte del vino in barrique) in evidenza.
Etichette, queste, che mi hanno permesso di riappacificarmi, almeno per ora, con una denominazione che, salvo mosche bianche, ultimamente non mi aveva dato grandi soddisfazioni.