
Uno spumante…vegano. È un’operazione commerciale, quella della Cantina di Aldeno, ma l’idea è sicuramente lungimirante, in un mercato che si sta avvicinando sempre di più ai consumatori che hanno intrapreso scelte alimentari – più o meno “integraliste” – o abbracciato nuove filosofie di vita. La realtà trentina, che raduna 370 soci in un bacino che comprende i territori di Roverè della Luna, Aldeno, Villa Lagarina, Isera, Volano, Nomi, Besenello, Calliano e Rovereto, ha infatti ottenuto la certificazione ICEA per una linea di vini Bio Vegan. Fra questi anche un Metodo Classico, il Trentodoc Altinate Blanc de Blanc, le cui uve provengono da un’unica particella (tutta coltivata a Chardonnay) della zona di Villamontagna, sulle colline di Trento. «L’idea del vino Bio Vegan nacque durante una cena vegana» racconta il Direttore della Cantina Walter Webber.

«In quell’occasione, io che proprio vegano non sono, ebbi modo di discutere con la moglie dell’ex presidente del nostro sodalizio sul fatto che in cantina ci sono delle procedure che richiedono prodotti di origine animale. Da quello scambio opinioni venne l’idea di ottenere la certificazione Bio Vegan e la Cantina di Aldeno è stata proprio la prima in Italia ad averla ottenuta». Nello specifico, il vino vegano, nel processo di stabilizzazione, non viene “trattato” con proteine di origine animale, e lo stesso vale per la moltiplicazione dei lieviti, che avviene su substrati di origine vegetale. «Il vino è assolutamente uguale a quello “tradizionale”», sottolinea Webber. «Mettiamola così: è soltanto lavoro in più per l’enologo».
Il Metodo Classico Altinate, però, non è soltanto espressione dell’universo biologico e vegano. «La Cantina Aldeno ha intrapreso un “progetto qualità”, che consiste nella diminuzione della resa per ettaro di vigneto (80 q/ha) e nel divieto, per i nostri soci s’intende, di usare diserbi, oltre ad altri piccoli ma importanti accorgimenti in vigna. Tutte le componenti della Cantina scendono in campo quotidianamente per garantire al consumatore un prodotto ben fatto, che è quello che pensiamo di aver realizzato con il Trentodoc Altinate».

Ma come hanno risposto clienti e addetti ai lavori? «Il prodotto piace e ha ottenuto riconoscimenti prestigiosi» chiude Webber. «Più in generale, grazie all’ottimo lavoro dell’Istituto Trentodoc le bollicine di montagna, che sono quelle che si avvicinano di più allo Champagne, si stanno facendo apprezzare anche nel mercato italiano, che storicamente sceglieva la Franciacorta, anche per una magistrale operazione di marketing dei colleghi lombardi, dai quali non possiamo fare altro che prendere spunto».
L’assaggio. Con il suo tipico giallo paglierino, Altinate esprime bollicine molto fini. Deciso al naso, con tanta frutta (agrumi), in bocca è schietto, fresco, elegante e coerente nelle note agrumate con un tocco di nocciola e crosta di pane. Perfetto per l’aperitivo o con un antipasto a base di crostacei.
Francesco Vigato